Oggi, 10 aprile, ci siamo recati presso via Sassari 119 per il picchetto antisfratto in solidarietà al signor Carlo Sedda. Il secondo, preceduto da quello del 14 marzo che si è concluso con un rinvio dell’atto alla data odierna.
Quello di oggi però non ha avuto il successo della volta scorsa. Infatti, arrivati sul posto alle 8 e 30 era già presente all’interno della casa l’Ufficiale Giudiziario accompagnato dalle forze dell’ordine. Abbastanza colti alla sprovvista per l’orario (l’atto era previsto per le ore 9), siamo entrati nell’abitazione per far chiarezza su quanto stesse accadendo. Carlo, insieme ai familiari, sotto “invito” delle 5 divise presenti, hanno accettato con tristezza l’avvio della procedura senza volerla ostacolare e noi non abbiamo potuto far altro che accettare la scelta dei presenti anche se non condividendola.
Quello che ci lascia perplessi è l’arrivo dell’Ufficiale Giudiziario senza che questi fosse accompagnato da un medico d’ufficio registrato all’ASL, l’unica figura che avrebbe potuto constatare le precarie condizioni di salute in cui versa Carlo. A nostra saputa, Carlo sin da subito ha acconsentito la procedura consegnando le chiavi all’autorità competente. Tutto questo suona come una rassegnazione che ha fatto sì che non vi fosse alcuna opposizione a quanto stesse accadendo.
Usciti dalla casa, dopo aver sentito le classiche parole di chi copre lavori sudici (a qualcuno verrebbe da dire “eppure van fatti”) e difende questo macabro sistema, abbiamo deciso di accompagnare Carlo fino al nuovo posto in cui andrà a stare.
Così sì è fatto un piccolo corteo sfilando per il Corso fino ad arrivare in Piazza umberto I , con in testa lo striscione che canta “Lo sfratto è una triste poesia. LA CASA È DI CHI L’ABITA!”. Terminato il corteo, abbiamo salutato, ricordando che noi ci siamo a dar sostegno e che continueremo a seguire la vicenda, anche se pare andrà per le lunghe. Ma noi ci siamo e ci saremo, perchè il diritto all’abitare è un diritto di tutti e non si può negare in questa maniera!
Pochi i presenti, rispetto alla prima volta. Questo ci da rabbia. Forse, se fossimo stati in presenza maggiore avremmo dato quella carica in più per posticipare ulteriormente questo atto che troviamo ingiusto, in quanto si tratta di privare di un diritto fondamentale un essere umano che in questo caso porta l’aggravante di essere (visibilmente) disabile. Un diritto, quello all’abitare, che nel 2017 pare essere diventato uno dei tanti diritti da schiacciare e scavalcare per “normali prassi d’ufficio”, dove i carnefici continuano a giustificarsi dietro una semplice risposta, la più banale: “io faccio solo il mio lavoro”. Un lavoro che sicuramente non porta onore e a cui noi non portiamo rispetto, poiché un lavoro richiede anche un minimo di umanità, cosa che in questi casi non si verifica mai.
E quindi oggi non abbiamo che da riferire la triste notizia: lo sfratto è avvenuto.
Oggi ha perso il diritto all’abitare, oggi ha perso un’amministrazione che davanti a tutto questo tace e non mostra interesse. E ha perso le speranze anche Carlo, che con tristezza ha lasciato la casa per prendere posto in una casa di riposo in attesa dell’udienza definitiva che si terrà il 4 ottobre.
Oggi si ha perso una battaglia, ma non la forza per portare avanti una politica per il diritto alla casa.